martedì 29 giugno 2010

Tempus fugit

La morte di un giovane lascia interdetti, se il giovane è un personaggio pubblico la eco che ne deriva è enorme. L'opinione pubblica in questi casi diventa protagonista, i giornali, i media diventano loro malgrado ( o forse no ) contenitori di ovvietà, velate ipocrisie, e tutto ciò che può essere detto e non detto. La morte di un personaggio pubblico non è silenziosa, è frastornante, quasi fastidiosa al solo pensiero di tutto ciò che si sarà costretti a sentire. In conformità con il mio modus agendi (che vuole il tutto trasportato in una dimensione più silenziosa, intima e forse troppo soggettiva) lascio qui il mio pensiero. Non voglio parlare di lui, delle sue scelte, della sua vita, così facendo non potrei evitare ipocrisie e ovvietà. Ecco quindi che la mia riflessione si sposta su una questione piuttosto pratica: tutto questo ha un senso perchè comunque già tracciato, oppure come nel caso in questione poteva essere evitato? Il solito dilemma: siamo nelle mani di un abilissimo disegnatore anche alquanto fantasioso il quale si limita solo a scegliere le modalità del fatto? Oppure, quel famoso "libero arbitrio" può talvolta venirci incontro? Le caratteristiche che gli eventi tragici assumono sono diverse, uniche nel loro genere. Probabilmente possiamo, ma non ci è concesso di prevedere totalmente. Il pensiero razionale si scontra con quello di chi crede e io rispetto entrambi. Ma come sempre, non so darmi una risposta. So solo che si può ragionare a posteriori e dire "Prendiamo la vita, afferriamola nel modo più forte possibile"; e chi lo ha fatto, magari anche in un modo che ai più non è piaciuto, ora ne paga le conseguenze. La vita è una contraddizione continua.

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