mercoledì 30 giugno 2010

Due facce

Il mio passato ha due facce: fino a qualche tempo fa il lato della medaglia più bello era anche quello a cui mi aggrappavo nei miei momenti "down". Gli anni dell'adolescenza sono stai intensi, vissuti pienamente: nessun rimpianto, nessun rimorso. Quello è anche il tempo della vita in cui uno costruisce il suo futuro, no? E' probabile (spesso è così) si tratti di un periodo in cui fare delle scelte, prendere decisioni importanti non è cosa facile. E così, da quelle decisioni, da quelle scelte si fugge, ci si allontana. Gli sbagli più grandi della mia vita nascono proprio nel momento in cui pensavo, ero sicuro, che il futuro sarebbe arrivato molto tempo dopo. Grande, immenso errore. In un attimo arriva il conto da pagare e, tranne alcune eccezioni, spesso è proporzionale a quanto si è consumato. Io ho mangiato tanto della mia vita di adolescente: peccato però, aver messo sempre "sul conto" in attesa di poter pagare. Ora che devo farlo e che la mia età della saggezza mi fa vedere molte cose dal punto di vista migliore, faccio fatica. E per me ora, guardare il presente, vivere il giorno è un modo per non voltarmi indietro: se lo facessi infatti, noterei che quel bel passato a cui mi aggrappavo è ormai dissolto. Vedrei solo, gli errori e mi chiederei continuamente: "Perché" ? E allora via, andiamo avanti, e non voltiamoci più indietro. Non ho cancellato il passato ma ora mi fa sicuramente meno comodo richiamarlo. Vedo, incontro tanta gente: persone con cui ho condiviso la scuola, i momenti di gioia e li vedo diversi da me. Forse perchè loro hanno dato un senso alla propria vita. Quello che io ora vado cercando. Errare è umano, perseverare.....

martedì 29 giugno 2010

Tempus fugit

La morte di un giovane lascia interdetti, se il giovane è un personaggio pubblico la eco che ne deriva è enorme. L'opinione pubblica in questi casi diventa protagonista, i giornali, i media diventano loro malgrado ( o forse no ) contenitori di ovvietà, velate ipocrisie, e tutto ciò che può essere detto e non detto. La morte di un personaggio pubblico non è silenziosa, è frastornante, quasi fastidiosa al solo pensiero di tutto ciò che si sarà costretti a sentire. In conformità con il mio modus agendi (che vuole il tutto trasportato in una dimensione più silenziosa, intima e forse troppo soggettiva) lascio qui il mio pensiero. Non voglio parlare di lui, delle sue scelte, della sua vita, così facendo non potrei evitare ipocrisie e ovvietà. Ecco quindi che la mia riflessione si sposta su una questione piuttosto pratica: tutto questo ha un senso perchè comunque già tracciato, oppure come nel caso in questione poteva essere evitato? Il solito dilemma: siamo nelle mani di un abilissimo disegnatore anche alquanto fantasioso il quale si limita solo a scegliere le modalità del fatto? Oppure, quel famoso "libero arbitrio" può talvolta venirci incontro? Le caratteristiche che gli eventi tragici assumono sono diverse, uniche nel loro genere. Probabilmente possiamo, ma non ci è concesso di prevedere totalmente. Il pensiero razionale si scontra con quello di chi crede e io rispetto entrambi. Ma come sempre, non so darmi una risposta. So solo che si può ragionare a posteriori e dire "Prendiamo la vita, afferriamola nel modo più forte possibile"; e chi lo ha fatto, magari anche in un modo che ai più non è piaciuto, ora ne paga le conseguenze. La vita è una contraddizione continua.

lunedì 28 giugno 2010

Il mio mondo

Amo il mio piccolo mondo. Lo amo con tutto il cuore: è un mondo piccolo, spesso e volentieri incasinato, limitato, irritante, ma lo amo. Non potrei chiedere altro, forse non vorrei altro; le sue dimensioni lo rendono necessariamente silenzioso, lontano da rumori così frastornanti da renderti a volte stupido. Ho recentemente conosciuto un paio persone che avevano deciso di avvalersi dello scambio epistolare poichè attraversavano un momento difficile. Ho deciso di accogliere la loro richiesta e ho iniziato un proficuo dialogo seppur limitato al virtuale. Una di queste poi è entrata nel mondo dello spettacolo, l'altra è in qualche modo riuscita a riempire la sua vuota ( di allora ) vita tuffandosi in mille attività. Io, sono stato messo da parte: considerando quello che avevo dato in quello scambio di testi, ci sono rimasto male in proporzione, dunque tanto. La mia riflessione è questa e prescinde dal senso ( l'ennesimo ) di delusione: ci sono persone che hanno bisogno di sentirsi al centro dell'attenzione, di buttarsi a capofitto in qualcosa che le soddisfi per sentirsi felici. Tutto questo è rispettabile ma, sapranno riconoscere nel marasma delle nuove amicizie una voce vera, intima? Mi chiedo se la loro felicità sia reale o "di plastica". Mi chiedo se quelle persone, una volta tornate nelle loro case, non avvertano poi ancor più lil senso di solitudine. E' forte in me la convinzione che la felicità passa attraverso la qualità piuttosto che la quantità. Sebbene io sia il primo a lamentarmi della pochezza delle mie relazioni sociali e del fatto di vivere in un ambiente fin troppo alienante, mi convinco che questo mondo è forse adatto a me e non voglio di più.
Sono dunque deluso, molto. Ora si vantano di avere una vita effervescente, loro. Quasi quasi me ne compiaccio. La vita non mi ha mai messo in condizione di potermi prendere una sorta di rivincita, quante volte mi sono detto: " Quando torneranno a cercarmi, non ci sarò". Non torneranno, non importa, io amo il mio piccolo mondo.

"dietro di te
io paziente e calmo
dietro di te
un viaggio assurdo e'
immenso tu
che a sfidarti non ci provo piu'
non hai ancora vinto e percio'
vivro' diffido di te
sto gia' imparando
tu pace non mi dai
non mi perdoni mai
un'altra volta nel mondo
coi limiti che sai
un posto pretendo nel mondo
sbandati giorni miei
mi consumero' fino in fondo
finche' non cambierai
finche' non capirai
che tu sei comunque e sempre
il mio mondo"

(Renato Zero - Non cancellate il mio mondo -)

domenica 27 giugno 2010

Stare a galla

La sensazione di toccare il fondo non mi è nuova, quella di risalire (come dovrebbe "fisicamente" accadere) pure. Insomma, ho il sospetto ( neanche poi tanto vago ) che il fondale di cui si parla scenda di livello ogni volta che ne vengo a contatto. C'è forse sempre un "fondo più fondo",non esiste un punto di non ritorno. Me ne accorgo ogni giorno, nelle mille sfaccettature che la vita quotidiana presenta, in tutti gli aspetti del vivere dunque. Continuo a pensare che ognuno di noi ha le potenzialità e doti razionali sufficienti per stabilire fino a quale profondità si è disposti ad arrivare. E' normale che più giù si scende, più si impiega a risalire e, quando finalmente si riesce a vedere la luce e a respirare, le forze sono ormai ai minimi. Ogni volta che tornano a trovarmi le solite sensazioni tra cui quella di sentirsi fuori posto, in un ambiente sbagliato, circondato da persone sbagliate, ecco che intravedo il mio fondo. Ora, me lo ripeto fino alla nausea, è il momento di risalire, ma come? Troppo comodo e masochistico affermare: "Peggio di così..non può andare", no? E' dunque il momento di tirare fuori orgoglio, dignità, autostima, e prometto a me stesso di non essere ripetitivo, e di non tornare su questo argomento per molto tempo. Ci riuscirò? Anche stare a galla comporta un faticoso movimento di gambe lo so, ma siamo fatti per stare a galla, non per volare.

sabato 26 giugno 2010

Il rumore del silenzio

Ad un certo punto pareva che le gambe si stessero muovendo da sole; nessun comando, nessun impulso dal cervello, nelle gambe c'era il desiderio di raggiungere quel luogo che l'anno precedente lo aveva incantato. Man mano che i rumori della città si facevano sempre più lievi e davanti a lui gli spazi assumevano dimensioni tanto vaste quanto silenziose, le gambe alimentavano il loro movimento. Nessun impulso, solo quell'immagine che doveva essere rivista, bisognava rivivere quella stessa sensazione dell'anno prima, nulla doveva essere cambiato. Il giallo del grano tagliato si alternava al verde intenso del mais: nella sua mente passavano pensieri più disparati, sapeva che stava vivendo un momento di libertà e di pace che solo quelle gambe potevano regalargli. E intanto la meta era là, la immaginava in tutti i modi. Non poteva, seppur concentrato sull'obiettivo, evitare di pensare, di capire che forse quella era la libertà tanto agognata: forse quello era ciò che cercava da tempo. Un momento di pace, la sensazione di spiccare il volo. Continuava a chiedersi come mai quelle gambe continuassero a macinare la strada senza sentire alcuna fatica: era presto detto, le passioni fanno scavalcare le montagne. Ancora un dosso, un altro falsopiano ed ecco là, quel luogo. Il momento era perfetto: si tolse il casco e cominciò ad udire quello che sognava da tempo, il rumore perfetto del silenzio. Aveva raggiunto la perfezione: quel silenzio, l'immobilità del paesaggio trasmettevano tutto quello di cui lui aveva bisogno. Non poteva fermarsi, dove tornare indietro. Quel silenzio lo avrebbe accompagnato fino a casa.

Diario di un pomeriggio perfetto sulla mia amata due ruote ( senza motore ).

venerdì 25 giugno 2010

Io dico: "No"

Disponibilità, innato senso dell'altruismo: punti di partenza per inevitabili delusioni. Non ho mai dubitato del fatto che si tratti di pregi, anche piuttosto rari nelle persone; cio' che mi chiedo è dove si possa collocare la linea di confine tra sensibilità e stupidità. So che quando si è predisposti ad essere generosi non si dovrebbe fare alcun calcolo, non ci si dovrebbe aspettare alcun ritorno. Dare per il gusto di dare: fino a qui, tutto è abbastanza chiaro. Esiste però un punto raggiunto il quale cominci a chiederti : "Ma sono fesso?Ma per chi mi ha preso?" . Quando si arriva a questo punto, la ragione deve assolutamente venirci in aiuto, deve fornirci quei "paletti" così indispensabili per evitare di cadere nella rete dei vampiri e delle sanguisughe che ci circondano. Il più importante di questi strumenti è sicuramente il saper dire di NO; ho notato sulla mia pelle che ciò che spesso impedisce di farlo è il timore di essere giudicati male. Questo poichè, avendo sempre tenuto un certo tipo di comportamento, si diventa prevedibili: gli altri a questo punto si aspettano solo e sempre che tu dica loro: SI. Si può dunque essere "ragionieri" e far quadrare sempre dare e avere? Probabile che persone le quali nella vita hanno sperimentato il gusto del "oltre il danno, la beffa", facciano a ragione calcoli di questo tipo. Ne va dell'orgoglio, della dignità di ognuno. Sorrido, perchè penso che quando si arriva ai "40" sarebbe opportuno che i conti tornassero e nel mio caso non è così. Temo per questo, sono così, sarò così. Cosa deve capitare per aprirmi gli occhi e farmi dire seccamente "No"? Masochismo allo stato puro, ecco cosa sono.

giovedì 24 giugno 2010

Realtà e finzione

A volte ci vuole una buona dose di coraggio per prendere la più semplice delle decisioni. Succede che, in epoca di innovazioni tecnologiche, ci si renda conto di aver perso il contatto con la realtà. Succede quando il mondo della "rete" gradatamente si sostituisce a ciò che è reale prendendovi il posto. So che siamo esseri dotati di cervello e capacità razionali per cui sembra inutile individuare la causa di tutti i mali nel mezzo tecnologico. Occorrerebbe invece come sempre guardarsi dentro e capire il perchè di una vita vissuta "border line", tra reale e finzione. Negli ultimi tempi mi rendo sempre più conto di vivere camminando su questa linea di confine e non nascondo di aver spesso perso coscienza della reale dimensione in cui vivo. C'è tutto un mondo intorno, là fuori. C'è magari un mondo che mi ha ferito, mi ha tolto tanto ma è pur sempre la mia dimensione, che mi piaccia o no. Cosa cerco nel virtuale? Non nego che il web è un veicolo, anzi il veicolo. Ma una volta che ci si è saliti sopra, ocorre saper guidare con prudenza e coerenza. Ci vuole dunque anche un po' di coraggio per decidere di riprendersi quel po' di vità che sta là fuori. Probabilmente si innesca un circolo vizioso: se è proprio la vita là fuori a spingerci nel virtuale, allora è il cane che si morde la coda. Probabilmente sono insoddisfatto tanto della realtà quanto della finzione. Probabilmente, sono un alieno, a costo di essere ripetitivo. Avere aspettative è spesso fonte di grandi delusioni, ne sono consapevole; la conclusione è presto detta: io sto cercando qualcosa che non c'è, ovvero la perfezione. Non esiste la possibilità di far "combaciare" tutto, le persone non si "incastrano" come i pezzi di un Lego. Sono un alieno, questa non è la mia dimensione.

mercoledì 23 giugno 2010

Senso di appartenenza

Oggi sono stato a Torino. Ultimamente mi trovo a dovermici recare spesso per partecipare ad alcuni Concorsi Pubblici e solo l'anno scorso ho deciso di visitarla per puro piacere. La città non mi dispiace affatto, la trovo molto ordinata, elegante, con interessanti testimonianze artistiche e palazzi molto belli da visitare. Probabilmente, anzi sicuramente il mio è un giudizio oltre che soggettivo, piuttosto limitato a quello che il turista è abituato a vedere, dimenticando tutto il resto. Ma non voglio soffermarmi più di tanto su questo quanto sul fatto che Torino, o meglio, un piccolo paese della sua cintura è stato per un anno la mia "seconda casa". Devo tornare indietro al 1995: l'anno precedente feci una scelta che poi con il tempo si sarebbe rivelata ( stranamente ) positiva. Decisi di rifiutare il servizio militare ed essere quello che ai tempi si chiamava "obiettore di coscienza". Non mi dilungherò sugli stati d'animo precedenti alla partenza e correlati ai primi due mesi di permanenza ma preferisco invece sottolineare tutto ciò che di positivo questa esperienza mi ha regalato. A cominciare dialla consapevolezza di essere veramente utile a qualcuno ( i bambini nel mio caso ), per passare poi allo spirito di solidarietà, all'amicizia, al puro e sano divertimento. Tutto questo concentrato di positività raccolto in un anno trascorso troppo in fretta che, tuttavia, ha segnato una piccola svolta nella mia vita. Non torno in quel paesello da allora. Quando raggiungo Torino, la tentazione è forte, poi ritorno sui miei passi. Quasi volessi fermare il tempo, quasi non volessi vedere che tutte quelle fantastiche persone sono cambiate, seppur solo nell'aspetto. E a quel luogo io sono legato: molte persone hanno la fortuna di nascere o vivere in posti che possono definire "propri". Io, che non mi sono mai riconosciuto abitante della mia città e che ho sempre sognato un posto diverso in cui vivere, posso comunque dire di avere un luogo "mio", pieno di bellissimi ricordi. Non è sicuramente l'aspetto di una città, l'essere essa bella o brutta dal punto di vista estetico a renderla "nostra"; a regalarci il senso di appartenenza forse sono le persone che ci vivono e con cui interagiamo. Ed io qui, mi sento sempre più un alieno. Chiedo perdono per essere saltato spesso da un argomento all'altro. Prolisso? In questo caso la Bic rossa del mio professore d'Italiano si sarebbe divertita..

martedì 22 giugno 2010

Quattro

Quattro. Il mio professore d'Italiano soleva consegnare i compiti in classe corretti secondo un criterio tutto personale. Sarebbe stato forse troppo democratico attenersi ad un semplice ordine alfabetico invece lui preferiva risultare terribilmente "dolce" verso noi studenti. Coloro che temevano di aver combinato un mezzo disastro avrebbero potuto togliersi subito il dente malato; loro sarebbero stati i primi a cui veniva consegnato il compito. Un ordine crescente, dunque. Quattro, con quella sua inconfondibile cadenza da Toscano di Pontedera, quattro. Rimbomba nella mia mente, oggi che siamo in periodo di esami di maturità, quel suono così familiare. Prolisso, spesso fuori dal contesto del tema, troppo personale nell'esporre le proprie idee. Dunque, quattro. Ricordo bene le mie sensazioni, ricordo che vi ero perfettamente abituato, non mi faceva più effetto sentire il suono di quel "quattro". Fu così che per una qualche strana legge del contrappasso, io cominciai ad eccellere in Latino, e di questo ancora oggi ne vado orgoglioso. Ora mi chiedo come mai io riesca a trovare nello scritto stimoli e nuovi orizzonti nonostante quel trauma. Probabilmente so che non ci sarà più un "quattro" scritto in fondo ad ogni foglio che riempio, non ci sarà più quel segno rosso che tanto intimoriva noi studenti. Devo forse ringraziarlo quel Toscano di Pontedera. In quegli scritti tanto prolissi e confusionari ( a suo dire ) si nascondeva un piccolo scrittore da strapazzo che oggi fa proprio della scrittura il suo modo di comunicare preferito. Quattro, non c'era appello. Il valore di un voto è assolutamente relativo, la vita è un'altra cosa ma cosa c'era di più bello dell'ansia, del timore, anche della consapevolezza del fatto che in quei momenti tu eri uno studente e Lui, il Professore. Esiste ancora oggi questa così netta distinzione dei ruoli? Fa ancora paura un "quattro" sul foglio? Caro professore dal "quattro" facile, vorrei ora lei potesse leggere i miei pensieri perchè capirebbe che non le porto alcun rancore ma solo tanta riconoscenza. Forse i miei scritti sono da "quattro" ma nessuno ormai potrà più dare un voto ai miei pensieri. Ah, sicuramente, se lei potesse leggere questo post userebbe la sua penna bic rossa per sottolineare una evidente ripetizione: "quattro".

lunedì 21 giugno 2010

E la chiamano Estate

Finalmente ci siamo, è qui, è arrivata. No, non guardiamo il tempo la' fuori, non danniamoci più di tanto se oggi sembra il 21 Settembre, l'Estate è qui. Quanto l'abbiamo agognata, quanto ci siamo immaginati questo momento mentre tutti mascherati con cappello e sciarpa camminavamo intirizziti e la neve ci arrivava addosso? E ora cosa vogliamo fare, non vogliamo goderci tutta l'atmosfera che la stagione per eccellenza sa regalarci? E allora via, partiamo, almeno con la fantasia e pensiamo a ciò che l'estate ha sempre donato ad almeno ognuno di noi, un'emozione, anche solo una sensazione. Come potrò dimenticare le mie di bambino, quando la nostra auto con i bagagli legati sul tetto percorreva faticosamente l'intero Stivale per raggiungere la tanto sognata meta? Quel mare così lontano era ora a portata di mano, finalmente potevo scaricare tutta la mia voglia di libertà. E poi, il gusto di raccontare tutto agli amici del quartiere quando con un velo di malinconia intravedevo ormai la prospettiva di un altro anno di attesa. Ognuno di noi ha vissuto un'estate, una vacanza da ricordare, non posso pensare che non sia così. Mi piacerebbe sapere, caro lettore anche di passaggio su questo blog, qual è il ricordo più bello legato alla tua estate. Noi che l'inverno è solo noia e nebbia, noi che il mare è là oltre quella galleria, noi che sognamo una spiaggia dove portare a passeggio un cane e sentirci finalmente liberi, noi vogliamo, anzi dobbiamo vivere e accogliere a braccia aperte l'estate. Buona estate a tutti, che sia foriera di nuove emozioni: raccoglietele e riponetele anche disordinatamente nella valigia del vostro viaggio di ritorno. Vi torneranno utili quando mascherati con cappello e sciarpa sentirete la neve arrivarvi addosso.

domenica 20 giugno 2010

Utile e dilettevole

Un'altra domenica grigia, un ulteriore stimolo a scrivere. Sono quasi orgoglioso del mio blog, di come stia assumendo forme e contenuti sempre più vicini al mio modello immaginario. Non nascondo di essere un perfezionista, mi piace che il tutto assuma sempre un aspetto armonico e ovviamente mi riferisco alla qualità estetica. Naturalmente in questo senso saranno ben accetti da parte Vostra, cari lettori, consigli e suggerimenti. Nulla posso invece architettare per ciò che riguarda il contenuto che è pura farina del mio sacco e dunque immodificabile; il problema è magari quello di rendere ciò che viene da dentro leggibile e apprezzabile. Sto cominciando ( meglio tardi che mai, direte voi.. ) a rendere questo blog maggiormente coinvolgente e spero esso possa con il tempo assumere l'aspetto di un vero e proprio luogo di dialogo. Occorre unire l'utile al dilettevole, è importante mescolare la possibilità di amplificare i propri pensieri (che solo internet offre ) con il piacere di farlo attraverso lo scritto. Qualcuno potrà anche affermare che colui il quale ama così tanto raccontare e raccontarsi non sia poi in grado di apprezzare valori quali la riservatezza e l'intimità. Non ci sono molte persone nella mia vita con le quali riesco a intavolare un dialogo di un certo spessore e credo che molti altri vivano questa situazione; il paradosso dei nostri tempi è che spesso delle nostre problematiche riesce facile parlare più con perfetti sconosciuti che non con coloro che ci stanno vicino fisicamente. Io mi ci trovo bene a farlo, non lo faccio allo scopo di ottenere un compatimento o con l'intenzione di attirare l'attenzione sui miei problemi. Lo faccio per il gusto di farlo. Si, mi fa male pensare che il "virtuale" stia soppiantando la realtà, ma quante volte ci è capitato di esclamare: " Quanto vorrei essere altrove!" E io ora  mentre scrivo, sono altrove e sto piuttosto bene.

sabato 19 giugno 2010

Semplicità

Fuori piove, e io divento malinconico. Non posso evitarlo, chiedo dunque venia se risulterò prolisso e sgrammaticato. Ieri ho ricevuto una richiesta di amicizia su Facebook da parte di un vecchio amico di "cortile" di cui avevo perso le tracce almeno una ventina di anni fa. Sono ripiombato indietro ai migliori anni della mia vita, quelli dell'infanzia trascorsa all'interno dei cortili dei palazzi alzando polvere, macinando chilometri di corse tra le urla di mia madre che disperatamente provava a ricordarmi che la scuola veniva prima di tutto. Le estati dei primi anni 80 hanno avuto un sapore e un fascino incancellabili; i cortili erano il luogo di incontro per eccellenza per la disperazione dei condomini. E dire che noi avevamo qualcosa che i ragazzi di oggi non hanno e mi riferisco al gusto, al piacere della semplicità. Lo avevamo per necessità ma ora tutto questo manca, eccome. I giardini, persino i marciapiedi, le piccole strade del quartiere sembravano enormi e vi si poteva addirittura tracciare un campo da tennis usando i mattoni trovati all'interno dei cortili in ghiaia. Mi manca tutto ciò.. Mi mancano le lunghe serate estive passate raccontandosi le barzellette, cercando le cabine del telefono per fare una dedica alla radio, i racconti delle vacanze appena finite trascorse al sole delle spiagge. E che dire della solidarietà, delle nostre bici che con un pezzo di carta incastrato tra i raggi tenuto da una molletta sembravano motorini. Parlo come se fossi un nonno che racconta al proprio nipote i bei tempi. Sono passati 30 anni da allora, ma la tecnologia, l'avvento di internet, i giochi elettronici, priveranno i bambini di oggi del gusto della semplicità di cui solo noi abbiamo avuto la fortuna di godere. E so che i bambini degli anni 80 che leggeranno questo post, lo apprezzeranno.
Ecco, sono malinconico. Allego a questo post un video di una canzone che un po' mi ricorda quel periodo e spero sia di vostro gradimento.

venerdì 18 giugno 2010

Masochismo?

Le righe di oggi sono dedicate ai miei lettori che scopro sempre più numerosi. Vi ringrazio di cuore per i momenti della vostra giornata che dedicate alla visione di questo blog. So, ne sono sicuro, che tutto cio' che ho dentro spesso assume un peso specifico enorme, sono altrettanto certo di "zavorrarvi" non poco. Ma quel che più mi piace del blog in sè è proprio il fatto che il visitatore è libero di scegliere se farsi ancora del male o no; in un certo senso, leggendo i miei scritti, misura la sua dose di masochismo. Non sono autoironico, penso realmente ciò che scrivo. L'esperienza dello scambio epistolare è stata ed è per me molto preziosa, non ho dubbi su questo ma mi sono accorto che per far vivere un'amicizia di questo tipo è necessaria molta costanza e impegno. E spesso, io, diventando protagonista assoluto dei miei scritti finisco per rendere tutto terribilmente monocorde e di difficile lettura. Ne consegue che chi deve portare avanti lo scambio a volte cede il passo. Nel caso del blog, si passa, si guarda, e se non piace non si torna. Mi sto descrivendo come un tedioso rompiscatole ma non credo di esserlo. La scrittura è il mio naturale veicolo per gettare tutto quello che ho dentro, alla mercè di tutti. Dovrei essere più riservato? E perchè? Sbaglio ad esporre tutto nella grande agorà del web?Grazie a voi dunque, pazienti e un po' masochisti lettori. La fontana continuerà a far scendere acqua finchè ci sarà qualcuno che ha bisogno di bere.

giovedì 17 giugno 2010

Sogni d'oro

Effetto melatonina. Dormo bene da un buon numero di notti; dormire bene per me significa soprattutto non svegliarmi nel cuore della notte e dover cominciare a contare tutti le greggi del mondo per riprendere sonno. Ovviamente, nonostante sia provato che il nostro cervello "lavora" anche di notte, le ore di buio sono benedette perchè vedono la mia sfera emozionale prendere il giusto riposo. Ma noto che il sonno pesante ultimamente non si accompagna a sogni ad effetto o meglio può essere che io non me li ricordi; solitamente nei periodi di maggior stress emotivo ( quasi sempre dunque..) tornano puntuali le immagini oniriche a me familiari, prima fra tutte l'acqua. Quello dell'interpretazione dei sogni è un argomento che mi ha sempre affascinato, ma non ho mai letto Freud o chi per esso. So, per sentito dire che l'acqua è un'immagine onirica che rappresenta il corso della vita, dunque se appare in sogno limpida, calma e via dicendo stiamo attraversando un momento buono viceversa se risulta sporca mossa o altro, siamo come si suol dire "nelle canne". Mi manca dunque qualche bel sogno a me ormai familiare del tipo io che nuoto e nuoto e nuoto in acque spesso di color marrone; oppure l'ultimo di cui ho un preciso ricordo: mi trovavo a barcollare su di un ponte di legno sotto il quale un fiume in piena non lasciava presagire niente di buono. Eppure con grandi sforzi, ricordo di essere riuscito ad attraversare quel ponticello seppur a caro prezzo: molte infatti delle persone che mi aiutavano, finivano giù ed io invece resistevo. Questo è comunque uno dei sogni più normali. Dai fatevi una bella risata; pensavate che un soggetto complicato e cervellotico come me potesse risucire a sognare come i comuni mortali? Ne ho altri da raccontare, magari vi delizierò.

mercoledì 16 giugno 2010

L'altalena

Continuo a dondolare sull'altalena delle emozioni. Più tento di frenare l'ondeggiamento con i piedi, più forte arriva la spinta da dietro a farmi volare alto. Sono però molto stanco di salire e scendere, così facendo sento di non essere in grado di darmi come vorrei. Mi preoccupa sempre più la mia incapacità di gestire le relazioni ed i più comuni rapporti. Inevitabilmente appaio agli occhi altrui come una persona incostante, lunatica. Non sono così, lo dico con forza. Vorrei riuscire a liberarmi della zavorra che spesso mi opprime, vorrei spingere giù quel latente senso di smarrimento che talvolta riemerge per mostrarmi sereno, realmente sereno e dimostrare agli altri che ci sono. Fortunatamente non sono capace di indossare maschere; ma sarà poi una vera fortuna? Essere se stessi, ha un prezzo, un prezzo che si paga caro. Ma non mi si chieda di nascondere i miei casini, non mi si chieda di fare "buon viso a cattivo gioco". Sono sempre io, ci mancherebbe, semplicemente non sono l'Enzo di un tempo. Credo che a 42 anni la personalità di un uomo sia ben definita e difficilmente smussabile, tuttavia il mio lavoro è finalizzato a recuperare ciò che di me ho perso in questi ultimi anni. Parlo innanzitutto di istintività e capacità di rischiare. Sono probabilmente due tratti prettamente legati all'età giovanile ma credo che non mi farebbe male recuperarli, magari dosandoli con la saggezza acquisita.
Sono dunque ancora in fase di "work in progress". Probabilmente sbaglierò e starò lavorando inutilmente, ma ci credo anche se sicuramente, non dipenderà solo da me.

martedì 15 giugno 2010

Sano egoismo

Autostima, fiducia in sè stessi, convinzione nei propri mezzi: tutto apparentemente parte da qui. Questa è in linea teorica la base per il successo ( io direi la sopravvivenza ) all'interno di una società di leoni affamati che sono pronti a sbranarti alle spalle ad ogni minima disattenzione. Partendo da questi presupposti che costituiscono quello che io definisco "sano egoismo", forse si riesce a non soffrire. Porsi al centro del proprio mondo, considerarsi per ciò che si è e rispettarsi per questo sono probabilmente aspetti che ti elevano al di sopra della massa che ti circonda. Riesci, non so come dire, a vedere il tutto da un punto di vista privilegiato. Come si fa a mantenere alta l'autostima? Probabilmente non basta fare un esercizio interiore costante, occorrono necessariamente "rinforzi" dall'esterno. Inutile nasconderlo, con la società, con i leoni affamati, con le belve travestite da agnelli, ci si deve confrontare, lo si voglia o no. Dunque, delle due l'una: ci si isola totalmente dal mondo ( ma così facendo si consegna la vittoria senza lottare ) oppure si affronta il tutto con forza e determinazione. Una delle tecniche che mi piacerebbe utilizzare per mantenere alto il mio livello di autostima è, in certi frangenti , provare a mettere in "stand by " la mia sfera emozionale. So che non è possibile impedire di provare sentimenti di sorta, ma è tuttavia importante provare a ragionare di fronte ai malesseri quotidiani. La sensibilità è una brutta bestia, è un gap al quale occorre far fronte solo attraverso l'esperienza delle fregature. Chi non nasce con una innata tendenza all'egoismo e alla voglia di avere tutto e subito, faccia tesoro delle sofferenze, estrapoli da ogni esperienza negativa quella dose di rabbia che lo renderà pian piano cinico al punto giusto. Mi spiace dover ancora notare che spesso, le mie conclusioni sono retoriche. Ma in un mondo in cui i valori si sono letteralmente capovolti e la connivenza è il peggiore dei comportamenti, beh, un po' di retorica non fa mai male.

lunedì 14 giugno 2010

Vivere il giorno

Ci sono momenti della vita in cui guardi te stesso e dici : "No, a me non potra' mai capitare, non ne sarei mai in grado". Sono quei momenti in cui tutto per te sembra andare alla perfezione o meglio, secondo un piano prestabilito. Ciò è tipico di coloro che come il sottoscritto adoravano ( uso un tempo passato non a caso..) vivere programmandosi anche ogni secondo successivo. Accadeva poi che, ogni piccolo intoppo che andava a modificare il corso degli eventi fosse vissuto come una sorta di apocalisse dalla quale poi non si riusciva più ad uscire. Programmi, dunque aspettative, dunque incapacità di affrontare l'inevitabile non previsto. E ora che mi guardo e ripenso a quei periodi, sogghigno ma mi turbo al pensiero di quanto tempo ho perduto nella speranza che tutto avesse senso solo se rispettava un ordine preciso. Quella sorta di robot oggi è un mero ricordo. Enzo oggi, lo può dire con orgoglio, ha imparato a vivere il giorno, a cogliere l'attimo. Avete presente lo stupore e la meraviglia che si legge negli occhi dei bambini quando vedono qualcosa di nuovo? Più o meno io ho avvertito la stessa sensazione. E' così nuovo accorgersi che, alla fine della giornata tutto ciò che hai fatto ha comunque un senso e che, gli mprevisti non hanno scalfito il tuo progetto quotidiano più di tanto. Il "Carpe diem" dunque è possibile, e se ci sono riuscito io... Le aspettative dunque, devono essere sempre legate ad obiettivi a breve termine, altrimenti sono guai. Vorrei rivedere il film "L'attimo fuggente" nel caso mi fossi perso qualche altro importante consiglio.

domenica 13 giugno 2010

Questione di orgoglio

E' una strana domenica di metà Giugno. Il cielo ha assunto tonalità più disparate, prendendo poi in modo deciso le sfumature del grigio. Vengo così immediatamente pervaso da un senso di apparente stanchezza unita all'astenia che solitamente mi accompagnano nei lunghi mesi invernali. Quale momento migliore dunque per riposare corpo e mente, sapendo che poi il sole tornerà, e con esso i benefici influssi dei suoi raggi. Siamo a Giugno, le giornate sono lunghe, piene di luce, ci può stare che non tutto vada come è prevedibile. Le riflessioni di oggi mi rendono disincantato; oggi mi sento di valutare ancora, a costo di essere monocorde e rendere questo blog di pesante lettura, gli atteggiamenti di qualcuno. Preciso, non voglio giudicare ma soffermarmi su constatazioni di fatto lasciando poi il resto alla libera interpretazione del lettore. Mi dedico dunque ad analizzare la fugacità delle relazioni, la tempistica assai prevista e prevedibile con cui un rapporto tende a finire. Chi o che cosa dunque muove i fili? Chi o che cosa detta i tempi di una storia, di un rapporto? Viviamo in una società incentrata sulla rapidità, sull'angosciosa voglia di vivere tutto e subito. E' dunque probabile che stia venendo a mancare il gusto ed il piacere di vedere crescere tutto. Ci si impiegherebbe troppo, no? Come se volessimo forzare la fioritura di un albero prima ancora che ne spuntino le gemme. Spesso ho la sensazione che la velocità con cui un'amicizia nasce sia proporzionale a quella con cui si esaurisce, non esiste dunque più un tempo naturale per le cose. In questo breve tempo che ci è concesso si dovrebbe dimostrare tutto di noi, nel bene e nel male. E se si sbaglia a farlo, ecco, come il freddo improvviso che, in primavera brucia le gemme, tutto si interrompe. Quello che più ancora riesce a ferirmi è il silenzio, non mi stancherò mai di ripeterlo. Potrei romperlo io, ma l'orgoglio mi dice ancora no. E se perdo quello....

sabato 12 giugno 2010

A mente fredda

Navigo in acque calme. Avverto un senso di pace, una voglia di lasciarsi andare e fare un gran bel respiro. E' passata la burrasca, il mare dentro si è placato e la barca che, sembrava ormai in pieno possesso dei tentacoli delle grandi onde, ora riparte e riprende il cammino. Quando ti alzi e ti abbassi, quando stai per sprofondare e vedi la prua della nave che si impenna, tutto ti passa davanti agli occhi. In quei momenti il tuo innato istinto di sopravvivenza ti porta ad utilizzare ogni mezzo a tua disposizione per salvarti. A volte cerchi di gridare più forte del rumore delle onde, vuoi far sentire loro che sei in grado di sconfiggerle. Ma poi capisci che sei in mano al destino e che se Lui vuole, tutto tornerà come prima. Ogni volta che la tempesta si placa, la mente, a freddo, comincia a mettere tutto in ordine. Ora ricordo bene, ricordo che mentre ero in balia delle onde ancor più forte era il rumore provocato dal silenzio dei miei compagni di avventura. Ma dov'erano? Nelle difficoltà, non cerco aiuto, sono fatto così. Chi conosce le tempeste del mio animo, lo sa. E chi non le conosce forse non sa che in questi momenti, io voglio, se è il caso , affondare con la nave. E' un silenzio dunque che io stesso desidero, che io stesso cerco. A mente fredda mi chiedo a questo punto a cosa servano gli amici se poi, nelle difficoltà io sono il primo ad allontanarli. A loro chiedo scusa. Ma a quelli che dei miei silenzi ormai non sanno che farsene, coloro che, me ne hanno quasi attribuito una colpa, allontanandosi poi da me, non dico nulla. Loro non sanno perchè non hanno voluto sapere, perchè hanno colmato il vuoto delle loro vite in altro modo. Tu, che leggi questo post, dico a te, che nel silenzio te ne sei andato, quando vedrai la prua della nave impennarsi, sentirai il rumore forte del mio silenzio.

venerdì 11 giugno 2010

Nuovi orizzonti

Sento che la mia paura di volare ora mi sta stretta. Ma è mai possibile che, anche quando pedalo, (quando la fatica di non avere più vent'anni si fa sentire sulle gambe e io ansimo, ) il mio cervello sembra non si stanchi mai di lavorare? Oggi, in fase di ritorno a casa, con le gambe che chiedevano perdono, pensavo a quanto mi piacerebbe volare. Ormai, bisogna dirlo, non posso più permettermi di frustrarmi ulteriormente; ho visitato Monaco di Baviera e Parigi... Poco, dunque, molto poco. Ci sono località che mi piacerebbe visitare, prima fra tutte Londra; e poi, vorrei fare un bel viaggio in Andalusia. Come ci vado? La mia paura di volare è probabilmente legata anche al mio voler stare sempre e comunque con i piedi ben saldi a terra. Una metafora del mio consueto modo di agire. Ora mi chiedo: " Come faccio a superare questa paura?" Sicuramente viaggiare apre gli orizzonti della mente, aiuta ad avere nuovi punti di vista, a capire. Ci sono luoghi che forse, almeno una volta nella vita, andrebbero visitati. Se Icaro fosse qui, farebbe carte false al mio posto. Lui ha dato la vita per librarsi in volo. E io invece mi immagino lì, agganciato ad un seggiolino con il terrore disegnato in volto contando i minuti che mancano prima dell'atterraggio. E poi, riuscirei a godermi il tutto sapendo che mi attende un viaggio di ritorno?
Ma volerò, lo so che volerò.

giovedì 10 giugno 2010

C'è posta per te

Nella mia cantina, riposte in un angolo e circondate da cianfrusaglie di ogni sorta ci sono due grandi scatole di cartone. Sono sigillate con nastro adesivo marrone affinchè il contenuto non prenda polvere e ingiallisca facilmente. Purtroppo lo spazio limitato all'interno di casa mia mi ha costretto a relegarle all'umidità e al buio ma in quei contenitori vi sono fiumi e fiumi di inchiostro. Sono le tante lettere che in un certo periodo della mia vita ricevevo con frequenza di almeno un paio al giorno. Erano le lettere dei miei amici di penna, conosciuti attraverso qualche annuncio sui vecchi giornali, e che ormai avevano introdotto nella mia vita quotidiana il sapore dell'attesa. Non c'era alcun computer in quell'angolo di stanza dove ora tutto è un groviglio di fili. C'era un tavolo, una penna, e una carta da lettera colorata. Alla sera, quei fogli prendevano vita, stavo davvero comunicando ciò che magari non mi riusciva di fare ( e ancora oggi accade.. ) con le persone che quotidianamente mi circondavano. Ogni lettera imbucata nella vecchia cassetta rossa dava inizio al lungo attendere. Ed era pieno di fascino il momento in cui quella busta dallo spessore anomalo annunciava un contenuto particolare; ed ecco, una foto, un volto. Finalmente quelle parole avevano un volto! Ma quanta attesa! C'è tanta voglia di andare a togliere i sigilli a quelle scatole, c'è curiosità. Forse lo farò, o forse no. Spesso mi è capitato di andare a "disturbare" i ricordi, a rivolerli adattare al tempo che viviamo, a farli rivivere. E ho sbagliato.

mercoledì 9 giugno 2010

La forma dell'acqua

Prendo spunto dal titolo di un bellissimo libro di Andrea Camilleri per parlare di una metafora comportamentale di cui sono sempre stato tanto sostenitore quanto pessimo "applicatore". Nelle mie migliori intenzioni vorrei cioè essere un liquido che, di volta in volta assume la forma del recipiente in cui viene versato. Vi si adatta perfettamente. Così mi piacerebbe riuscire a gestire i rapporti umani, data la straordinaria diversità delle tipologie di soggetti con cui veniamo a confrontarci nella vita. Sarebbe vigliacco e comodo stare sempre rannicchiati nel nostro angolo pretendendo che tutti coloro che ci circondano si adattassero a noi. O meglio, non sarebbe sbagliato che i nostri interlocutori lo facessero, ma allo stesso tempo è anche nostro dovere fare si che l'incastro sia perfetto. Ecco dunque che se il recipiente e l'acqua formano un unico insieme, così dovrebbe avvenire anche tra esseri umani. Dove sta dunque il più grande ostacolo affinchè ciò avvenga? Probabilmente nel fatto che ognuno, al giorno d'oggi, non riesce ad andare oltre la propria sostanza, non riesce a capire che contenitore e contenuto sono la stessa cosa. Talvolta si è contenitori, talatra contenuti. Prendere la forma di qualcuno non significa dunque necessariamente assoggettarsi, bensì completarsi a vicenda. All'inizio del post ho esordito dicendo che si tratta di un "modus agendi" che purtroppo non mi è consono. Predico bene e razzolo male, non è una novità.

lunedì 7 giugno 2010

Tortuosità

La sensazione odierna non è definibile. I pensieri si affollano confusamente, e non sono rispettosi gli uni degli altri. Vorrei si attenessero ad una sorta di coda, prima uno poi l'altro in modo da poter essere considerati singolarmente e affrontati con l'attenzione che meritano. Tutto questo frastuono non fa altro che mandarmi ulteriormente in confusione; eppure da tutto questo caos, spesso arrivano i segnali più chiari su ciò che si deve e bisogna fare per raggiungere uno stato di sensibile serenità. Ecco dunque che magari, il susseguirsi di eventi di un certo tipo può aprirti nuove strade, può aiutarti a vedere le cose con una chiarezza che non avresti immaginato. E da questo frastuono, da questo caos ecco che appaiono più definiti, più limpide le mie piccole grandi certezze. Le persone che mi vogliono bene veramente, le persone che dimostrano quotidianamente che merito la loro attenzione, merito la loro stima. Grazie ragazzi, grazie ad una persona particolare che penso leggerà questo messaggio e che ogni giorno sopporta le mie difficoltà. Con grande, infinita pazienza!

domenica 6 giugno 2010

Punti di vista

Questa mattina ho dato inizio alla stagione dei pedali. Sono in anticipo di un mese rispetto allo scorso anno e ciò trova spiegazione nel fatto che questo periodo è e sarà emotivamente molto intenso. Pedalare, immergermi nella natura, ha un potere devastante sul mio sistema nervoso. Due, tre ore di fatica tanto agognata durante i mesi invernali, ripagano di ogni stress. Ho sempre desiderato vivere in campagna; non mi spaventa la solitudine, e poi, chi lo ha detto che si è soli? Meglio avere come vicini di casa gli animali del bosco piuttosto che "umani" irrispettosi e cafoni. La mia bicicletta; dopo tanto tempo ho scoperto cosa mi fa stare veramente bene. Ogni singolo percorso, per breve che sia lascia un segno: pedalando tutto passa meno inosservato, tutto viene rigorosamente sottoposto ad uno zoom del 100 percento. Tutto è sotto un altro punto di vista. Per rimanere in linea con la mia voglia di pace, di silenzio.
Ecco, oggi, sto bene.

sabato 5 giugno 2010

Tutto ciò che non è Facebook

Ora potrebbe sembrare che il sottoscritto sputi nel piatto dove ha mangiato e mangia tuttora. Internet in fondo è il mio tramite per scrivere di tutto ciò che mi passa per la testa. Ma, la scrittura ha avuto per me sempre un preciso significato, quello di abbassare il volume di sottofondo, staccare le casse audio che trasmettono i casini del mondo in modo da sentire solo il pennino che scivolava sul foglio. Si perchè quella era la vera scrittura, l'autentica forma di comunicazione che regalava qualcosa che oggi si è perduto ovvero, il gusto dell'attesa. Ma se ci si deve piegare ai tempi che avanzano, ecco qui che la tastiera diventa il mio pennino. Una lettera, un pensiero sul blog, tutto ciò che mi passa per la testa. Sono momenti unici perchè vissuti nel silenzio, con tutto il mondo alle spalle. Ma Facebook cosa c'entra con tutto questo? Community? Luogo per incontrarsi? E poi, vuoi mettere il gusto di avere una lista di amici tanto lunga? Mi aggiungi? Ma perchè mi hai cancellato? Oddio e adesso? Ecco, la scrittura è tutto ciò che non può essere Facebook. E' sincera, silenziosa, va dritta al cuore, e non passa per la finta condivisione di pensieri o per ipotetici amici che non ti hanno mai visto nè conosciuto.
Ah, dimenticavo, sono iscritto a Facebook. E adesso? Penserete che sono uno squallido ipocrita che predica bene e razzola male. No, perchè quello che stai leggendo è polpa, ciò che vedi su Facebook è la buccia.

giovedì 3 giugno 2010

Toh, ma chi sono allora?

A volte capita di fare brutte scoperte e magari di farle dopo tantissimi anni. E' possibile accorgersi che i genitori, i fratelli e le sorelle, siano proprio coloro che non hanno la più pallida idea di chi tu sia? Non è affatto facile essere se stessi, non essere tentati nella società di oggi dall'indossare qualche maschera che ti faccia apparire anzichè essere, in determinate circostanze. Ma forse, ciò sta diventando una prassi. Per vivere, per sopravvivere, spesso si scende a compromessi ed ecco che c'è una maschera pronta in ogni occasione. Il fine è quello del quieto vivere. Ma quando ti accorgi che la famiglia, l'unico ambiente in cui non hai obblighi di travestimenti vari, non si accorge di chi tu sei realmente, allora tutto cambia. E che fare? Continuare ad essere se stessi con il rischio di essere continuamente fraintesi oppure, indossare anche qui una maschera e far credere loro di essere ciò che pensano. Contorto eh? Ma se una madre od una sorella dopo aver letto il mio libro( la mia anima- sempre aperta, mai nascosta dietro un paravento )improvvisamente ti dipingono come non hai mai creduto di essere, che fare?
Ho una famiglia? Ho sbagliato tutto?
Bel quesito..

martedì 1 giugno 2010

L'urlo

Oggi lo devo fare, devo urlare. Le mie urla non arriveranno a chi legge questo post perciò devo rendere il più possibile forte ed intensamente carico questo messaggio. Oggi voglio urlare il mio totale dissenso, il mio disprezzo, la mia vergogna per tutto ciò che è ipocrisia, silenzio, menefreghismo. Sono gli ingredienti di tutte quelle persone ( ma si potranno chiamare poi così )che ho avuto la sfortuna di incontrare, addirittura di frequentare, con cui persino ho condiviso momenti di intimo pensiero. Mi fanno schifo. Mi fa schifo il loro modo di vedere la vita, il loro scegliere il silenzio come via di fuga, il loro esserci solo quando fa comodo loro. Per poi, sparire nel limbo. Fa male rivederli in uno squallido luogo di incontri virtuali e notare che tu ora per loro non sei nulla. Si si, eccome se mi calzava a pennello quella definizione che una persona mi affibiò un giorno: "Ragioniere dei sentimenti". Si si,perchè non calcolare? Perchè non verificare ogni tanto il dare e avere? Bisogna sempre solo dare e poi, scoprire che i conti non tornano? Andrebbe anche bene se non fosse che una delle parti ci sta male, mentre l'altra fa dell'ipocrisia e della falsità la sua arma vincente. Oggi sto urlando a te, che magari sei lì e ti vanti del fatto che ora la tua vita è uno spettacolo. Ma non ti ricordi quando piangevi disperatamente? E urlo a te che, fino a quando io seguivo certe regole tutto era perfetto e ora, che mi sono permesso di ribellarmi, per te non esisto più. Oh...e ora un bel sospiro di sollievo.